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VERNON LEE Violet, Vernon, Fortunata e la villa del Palmerino C’è che mio padre ci portava ognitanto al cimitero inglese, in una bella piazzetta di Firenze. Io andavo alle elementari.
e noi si faceva delle splendide passeggiate a piedi nella campagna fiesolana, o in mezzo alle maestose ville di San Domenico. A piedi seguendo la via che porta a San Domenico, a piedi su fino a Fiesole passando davanti alle ville degli amici: ci si fermava a salutare l’Anna che abitava in una villa che sembrava un castellotto un po’ inquietante. Poi era la volta della Nella con il suo giardino pieno di fiori e tartarughe feroci. Poi si passava davanti alla casa dalle persiane rosse, quella in curva, subito prima di San Domenico. Che tenerezza.
un piano regolatore particolarmente severo: il paesaggio sembra freezato, come se il tempo si fosse fermato. Solo le piante possono crescere, ma non cambiare: le stesse roselline gialle a mo’ di cascata per proteggere i muri, gli stessi giaggioli a tratteggiare i confini dei prati. Gli stessi cipressi, ormai giganteschi e tante rose per lo più rosa nei giardini privati.
crescita, ma non il loro profumo che è sempre uguale, soprattutto in primavera quando sbocciano tutte insieme.
del Palmerino uguale come era rappresentata in un acquerello che ha mia madre a casa sua. Già, perché si potrebbe girare con vecchi acquarelli dipinti nel primo ottocento e confrontarli con gli angoli fiorentini: differenze minime.
Quel giorno mi sono fatta forza e ho suonato il campanello del grande cancello. “Buongiorno mi scusi volevo sapere se qui in questa villa viveva una signorina inglese…so solo il nome, Violet…" Perché le faccio questa domanda? Terzani… sa mia nonna, Fortunata Mazzoli Terzani, era la governante della signorina inglese. Volevo sapere…". Una voce di donna mi invita a entrare: “La signorina Violet Paget abitava qui, ma è più famosa con il suo nome d’arte Vernon Lee, era una famosa scrittrice”. “Scrittrice? non sapevo, credevo fosse una pittrice: sa abbiamo trovato tra i documenti che mio padre conservava gelosamente, degli acquarelli. Sono paesaggi fiesolani, di Violet, mio padre ci teneva molto, non ha mai nemmeno voluto incorniciarli. La data è del 1911"... Sono entrata nel giardino della villa del Palmerino e lì sono stata raggiunta da fantasmi di un mondo che avevo sempre sognato. E ho capito la passione di mio padre per l’Inghilterra, con le sue giacche e i suoi berretti di tweed, le teiere di argento o peltro…il suo attaccamento a Fiesole e il suo incredibile amore per la mamma, che non ho avuto la fortuna di conoscere.
che sapeva ancora di pipe, sigari e sigarette. Strano che la signorina Violet, nonostante i numerosi amici e conoscenti non sia mai sposata. Non sapeva chi fosse venuto la sera avanti, da quando la sua pancia era diventata troppo visibile, e la stanchezza si faceva notare un po’ di più, aveva avuto il permesso di ritirarsi subito dopo cena; ma più che permesso si era trattato di un vero e proprio ordine della signorina inglese, che sicuramente preferiva avere un buon rapporto con la gente del posto che avere una casa troppo in ordine. Fortunata continuava a mantenere un fisico asciutto, non era bella ma sicuramente interessante, vestita semplicemente, sempre in ordine e molto curata. I capelli raccolti dietro in una crocchia erano sempre puliti e pettinati. Odorava di lavanda: era stata scelta dalla signorina inglese perché era in sintonia con il mondo anglosassone o si era adeguata negli anni? Lavorava in quella splendida villa quattrocentesca del Palmerino da una decina di anni, e non aveva mai avuto un rimprovero o un cicchetto dalla padrona, come diceva al marito Nando. Era fiera di questo, lavorava molto sin dalla prima mattina, quando rinfrescava la casa sempre un po’ affumicata dagli ospiti che si incontravano per discutere di arte, di libri… E si immaginava le serate di molti anni prima, nel 1898, quando la villa era diventata un punto di incontro di intellettuali – glielo aveva raccontato la madre – che si riunivano per cercare di fermare la distruzione massiccia del centro storico della città. Addirittura il sindaco voleva buttare giù il Ponte Vecchio, per costruirne uno nuovo…Ogni tanto un “my god” aveva l'onore dei toni più alti, e poi si riprendeva la discussione su cosa si potesse fare per bloccare questo progetto criminale. Non era nel suo costume stare ad ascoltare i discorsi degli altri, ma la pancia si muoveva e il bambino o la bambina, appena si buttava sul letto, cominciava ad agitarsi e lei restava sveglia massaggiandosi e cercando di immaginarsi quell’essere irrequieto. La stanza era un po’ umida, nonostante le magnifiche giornate autunnali, il sole non riusciva comunque a riscaldare la villa, troppo grande e soprattutto troppo in penombra. Si alzò per rimuginare un po’ il fuoco nel caminetto e ravvivare le fiamme che stavano spegnendosi…. Faceva in silenzio per non svegliare il marito che dormiva nel grande letto: era tornato dalla fabbrica di Ginori molto stanco, come sempre, e dopo aver mangiato un piatto di pappacolpomodoro condito con olio crudo, che la Fortunata aveva preparato solo per lui, e una fettina di formaggio si era appisolato sul letto tutto vestito. delle persone di Firenze che ci possono aiutare in questa battaglia, diceva… Vi prego amici, cerchiamo di non parlare tutti insieme. Qui non si tratta di arte o di libri, qui dobbiamo bloccare questo incredibile progetto: cosa pensano di fare? Distruggere il centro? Radere al suolo il ghetto? E poi cosa ci costruiscono? Dei bei palazzoni di tipo umbertino, come a Roma? Non possiamo perdere tempo: credo che dobbiamo chiedere aiuto alla stampa: posso scrivere un appello sul Times e vedere se qualche giornalista de La nazione aderisce alla nostra iniziativa...
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